Elezioni Politiche e fattore “Sport”
Si sono da poco concluse le Elezioni Politiche del 2018, si apre un nuovo scenario per l’Italia. Auspicando un governo compatto e coeso, concreto e riformista, stabile e durevole, deputato al bene comune e alla stabilità del Paese, è nostro interesse puntare la lente sullo Sport. Lo Sport come fattore fondamentale per la salute, per l’integrazione, per la formazione e per l’educazione. Uno Sport accessibile e inclusivo. Uno Sport per tutti.
E’ ancora fresca la ferita per l’eliminazione dell’Italia dai prossimi mondiali di calcio. La conseguente rivoluzione nella FIGC, gli insuccessi di alcune nazionali e la mancanza di prospettive rappresentano solo la punta del proverbiale iceberg di un sistema sportivo sempre più complesso e frammentato, segnato da contrapposizioni interne e da una mancata strategia condivisa da organi nazionali e locali. Da tempo abbiamo sollevato l’esigenza di riforme chiare, di un Ministero dello Sport in grado di affiancare il CONI nella difficile opera di coordinare tutti i protagonisti del panorama sportivo e di occuparsi delle centinaia di discipline tagliate fuori. Di un organo di controllo che possa rivedere il criterio di attribuzione del contributo che il CONI riconosce ai soggetti in causa, un sistema, quello attuale, che sollecita una competitività meramente basata sui numeri, rischiando di creare conflitti e prestare il fianco a strategie poco trasparenti. Ad oggi il sistema appare ampio e intricato, reso ancor più complesso dalla recente riforma del Terzo settore e della nuova legge finanziaria.
Il tutto si traduce in prospettive poco rosee. E’ vero, negli ultimi cinquant’anni i numeri dello sport sono aumentati esponenzialmente. Basti pensare che nel 1959, alla vigilia dei Giochi Olimpici di Roma, lo sport era un’attività elitaria, riservata a 1 milione e 230mila persone, di cui oltre il 90% erano maschi. Oggi il quadro è chiaramente diverso, sono stimate in oltre 20 milioni le persone di tre anni e più che dichiarano di praticare uno o più sport. Agli uomini spetta ancora la percentuale maggiore con il circa il 30% di chi pratica attività con continuità e il 12% per chi lo fa saltuariamente. Per le donne le percentuali sono più basse, rispettivamente 19,6% e 8,1%.
E’ sufficiente però cambiare prospettiva per rendersi conto di come la situazione generale desti non poche preoccupazioni.
Mentre secondo l’OMS l’inattività fisica rappresenta il quarto fattore di rischio per la mortalità, oltre 23 milioni di persone, per la maggior parte donne, rappresentano la “fetta” sedentaria del Paese. Di queste la maggior parte proviene del Sud. Non meno importante è l’aspetto legato al connubio “sport e lavoro”: in Italia il numero di persone occupate nel settore è pari allo 0,5% del totale degli occupati. Dati alla mano, in un’ipotetica classifica europea saremmo penultimi, avanti solo alla Grecia. Un altro dato allarmante è rappresentato dall’incidenza delle disponibilità economiche delle famiglie sulla pratica sportiva dei giovani: in questo caso l’ago della bilancia della pratica sportiva pende in maniera importante verso un ceto medio-alto. Significative anche le differenze rispetto al livello di istruzione: pratica sport il 51,4% dei laureati, il 36,8% dei diplomati, il 21,2% di chi ha un diploma di scuola media inferiore e solo il 7,3% di chi ha conseguito la licenza elementare o non ha titoli di studio.
La pratica sportiva in Italia è in aumento, vero, eppure molto resta da fare per sostenere la realizzazione di misure di promozione dell’attività fisica e di contrasto alla vita sedentaria, a partire dalle scuole.
Affinché si scongiuri un’Italia a due velocità. Quantomeno nello Sport.