50 anni di judo, 60 anni di vita

8 Gennaio 2016 at 12:51
da: http://www.judokuroki.com/

Lettera di Stefano Stefanel:

Sono nato il 18 gennaio 1956 e nel gennaio del 1966 mia madre mi ha portato a judo nel Yama Arashi di Udine. Sono stato allievo soprattutto di Minoru Kuroki e di Katsuyoshi Takata (divertente che si chiedano in giro informazioni su Takata e non si chieda nulla a chi è stato suo allievo per quattro anni) nel Tenri Udine, sono transitato poi nella Società Ginnastica Triestina e nel Judokai Università di Tenri di Codroipo prima di fondare nel 1981 il Judo Kuroki Tarcento.

Dunque nel 2016 festeggerò 60 anni di vita e 50 anni di judo: due traguardi per me importanti che dedico ad Angelin mio padre e a Mariolina, mia madre, che ho perso in modo improvviso il primo nel 1978 e la seconda nel 2015.

Di recente ho partecipato al bellissimo Stage degli Alti Gradi a Parma, dove ho ritrovato tanti protagonisti di questi 50 anni di judo. Una bel momento di judo e di cultura sportiva, che è anche un modo per dire che per andare avanti bisogna capire cosa c’è dietro. Poi tornando in palestra ho visto due vecchie foto che mi ritraggono molto più giovane, quando non ero affatto un alto grado. Sono due foto particolari perché sono insieme a due “ragazzi che come me amavano” il judo e che oggi non ci sono più. Con Furio De Denaro ho condiviso i momenti più importanti della mia vita sportiva, quelli che mi hanno portato da atleta a tecnico e poi a dirigente. Con Raffaele Ottone ho condiviso molti momenti sportivi, sul tatami, da leali avversari.

Il Judo Kuroki Tarcento e la Fijlkam sono le grandi storie della mia vita sportiva e sono abbastanza note. Non credo serva a niente enumerare. In questo momento voglio guardare avanti e cito solo chi non c’è più. Come Matteo Pellicone, a cui devo moltissimo e da cui ho imparato ad essere quello che sono nello sport.

Il 24 settembre nella Palestra del Judo Kuroki terrò una breve lezione con questo titolo: “Due o tre cose che so sul judo”. Tutti quelli che vogliono festeggiare i miei 50 anni di judo sono invitati.

Stefano Stefanel

Libertas Kuroki Tarcento: Marika Sato, l’ingegnere dai colpi proibiti

3 Agosto 2015 at 8:31

I recenti campionati europei di kata (le ‘forme’ dello judo) hanno consegnato due argenti a Marika Sato, 46enne originaria di Praturlone, che dal 1997 pratica questa disciplina orientale, riempiendo le teche di casa con trofei e medaglie. Coniugata con Alfredo Sacilotto (con il quale condivide questa passione) Marika è madre di due bambini, Francesco e Gianluca di 12 e 8 anni. Il primo preferisce praticare il basket, mentre Gianluca gioca a judo nella palestra di mamma, a Zoppola. La signora Sato è ingegnere (dipendente della Regione Friuli Venezia Giulia) con le mansioni più disparate, che spaziano dalla progettazione alla mera burocrazia. Nello sport è tesserata con il Judo Libertas Kuroki Tarcento, ma ha una palestra ‘succursale’ a Zoppola, che gestisce col marito, e che conta una trentina di giovanissimi iscritti.

– Marika Sato, è solo un caso o le sue generalità sono propriamente ‘made in Japan’?

Il mio cognome deriva da un errore di trascrizione di qualche generazione fa. Basti pensare che nella famiglia di mio padre erano in 15 fratelli, dei quali alcuni registrati all’anagrafe come Satto. Però fa sempre un certo effetto incontrare sui tatami Maestri giapponesi con lo stesso mio cognome’.

– Come nasce la passione per le arti marziali?

‘Ho iniziato a praticare judo a 6 anni, istigata dall’allora maestro dell’Azzanese, Luciano Lucchini, che venne a scuola e si mise a fare acrobazie senza usare tappeti. E per una bambina vivace fu una folgorazione. A quei tempi, poi, in tv impazzava il catch, l’odierno wrestling, e la mia atleta preferita era la giapponese Jacky Sato, guarda caso mia omonima. Il primo approccio al kata risale invece al 1997, durante l’esame per l’acquisizione del grado di cintura nera. Riuscivo a eseguire gli esercizi del kata con estrema naturalezza. Li ho così approfonditi, fino ad ottenere nel 2006 il titolo di vice campionessa italiana, il primo di una lunga serie di 8 argenti. Parlo al singolare, ma occorre specificare che i kata si eseguono in coppia e il mio partner, sportivo e nella vita, è stato fin dall’inizio Alfredo ‘Fredi’ Sacilotto, che da quest’anno ha però deciso di prendersi una pausa sabbatica. Da gennaio il mio nuovo ‘uke’ (il compagno che subisce le mosse del kata, NdA) è Fabio Polo. Essendo il Kodokan Goshin Jutsu un kata di autodifesa costituito da attacchi con pugnale, bastone, pistola e a mani nude, mi rendo conto che per Fabio non sia né semplice né naturale attaccarmi con la decisione che userebbe con un suo pari sesso. Tuttavia il costante allenamento e l’adrenalina delle competizioni ci hanno portato ai vertici internazionali. Per settembre saremo più che all’altezza per ben rappresentare l’Italia ai campionati mondiali in programma ad Amsterdam’.

– Sogni nel cassetto?

Ne coltivo tre. In primis, troppi argenti tricolori cominciano a pesare, quindi adesso voglio l’oro. Il secondo è una partecipazione alle Olimpiadi, confidando che il kata venga introdotto tra le discipline dei Cinque Cerchi. Infine, diventare Maestro di judo, soprattutto come persona, riuscire cioè a lasciare un piccolo segno nel cuore dei judoka con i quali avrò l’onore di confrontarmi’.

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